Voglio esprimere, innanzi tutto, la mia solidarietà alle persone che qualche giorno fa erano al rifugio Cuori Liberi, per difendere la vita di nove maiali liberati e il concetto stesso di rifugio e di libertà dallo sfruttamento, dalla violenza e dalla repressione. Purtroppo non è bastato, e la “longa manus” dell’industria della carne, sotto altre vesti, è riuscita a riprendersi quelli che pensavamo fossero salvi: Crosta, Crusca, Pumba, Dorothy, Mercoledì, Bartolomeo, Ursula, Carolina e Spino.
Il motivo è noto: difendere la zootecnica italiana dalla PSA (Peste Suina Africana). Ma cos’è la PSA?
Il virus della PSA è un caso da manuale del legame tra perturbazioni ambientali di origine antropica e la diffusione di un patogeno. Come ricostruito in un recente articolo, il virus originariamente viveva nell’Africa subsahariana e compieva un ciclo vitale completo tra due ospiti: le zecche del genere Ornithodorus e il facocero (conosciuto da molti come il Pumba del Re Leone). La letalità nel facocero è molto bassa e la malattia è asintomatica, perché la maggior parte delle infezioni avviene nei piccoli che sviluppano una resistenza al virus. Quindi, in questo suo ciclo selvatico, il virus passa da zecche a facoceri e viceversa, senza creare particolari problemi ai suoi ospiti.
Poi però sono arrivati altri ospiti a casa delle zecche portatrici dell’Asfivirus: i maiali domestici, per nulla resistenti alla malattia, al contrario dei facoceri. I maiali si commerciano, si scambiano, sia vivi che come carni, e il virus è molto duraturo anche fuori dai suoi ospiti: continua vivere fino a 15 settimane a temperatura ambiente, mesi a 4°C e indefinitamente nelle carni surgelate. Così ha rapidamente trovato un modo per vivere, infettare e moltiplicarsi, saltando a piè pari le zecche: un ulteriore cambiamento del suo ciclo virale. I maiali sono molto sociali, vivono insieme negli allevamenti e, se non si contagiano tra loro, il virus viene trasportato dalle attività umane. Ed ecco che il virus si diffonde in Africa ben al di là della sua presenza naturale.
PSA, insomma, è il risultato del Capitalismo globalizzato: invadi ambienti naturali vergini per sfruttarli e ci metti accanto allevamenti intensivi che (a dispetto della propaganda delle varie associazioni e imprese del settore) sono luoghi dalle condizioni igienico sanitarie precarie, dove vivono ammassati migliaia di animali iper stressati, ancor più vulnerabili alle malattie. Un mix perfetto per far scoppiare epidemie e facilitare contaminazioni e salti di specie di virus e batteri. Come se non bastasse, porti a spasso per il mondo i risultati di queste pratiche, infettando praticamente ogni continente, a dispetto dei vari protocolli di contenimento.
E qui veniamo al punto: il protocollo di contenimento adottato dal Ministero della Salute prevede, nel caso del ritrovamento di un maiale infetto, l’abbattimento di tutti gli animali dell’allevamento e di quelli limitrofi, siano essi sani o malati. La domanda che ci poniamo è la seguente: la strategia funziona? La risposta è semplice: no. Eppure in questo meccanismo sono finiti anche gli ospiti del rifugio Cuori Liberi di Sairano (PV), animali che pensavamo liberi dallo sfruttamento e dalla brutalità del sistema degli allevamenti e dell’industria della carne. Tra loro vi erano anche maiali che sembravano essere stati infettati dal virus, ma che avevano ripreso a mangiare ed erano in buona salute: un tesoro inestimabile per ottenere un vaccino o una cura!
Non esiste una soluzione semplice al problema della PSA, ma penso che, come nel caso del COVID19 o delle continue epidemie di Aviaria, sia giunto il momento di riconvertire la produzione di cibo cominciando, magari, da una diminuzione della concentrazione di allevamenti e di animali per allevamento e risarcendo solo gli allevatori che si riconvertono a produzioni vegetali, anche con il sostegno di fondi pubblici. L’attuale modello, oltre a produrre indicibili sofferenze a 140 miliardi di individui senzienti ogni anno (e in questo conteggio non sono inclusi i pesci e le creature marine), è insostenibile dal punto di vista ambientale e sociale. I dati su inquinamento e produzione di gas climalteranti da parte dell’industria della carne e di quella lattiero-casearia, sono di dominio pubblico, ma il prezzo sociale di questo modello viene troppo spesso taciuto: il cibo che si produce per gli allevamenti del nord del mondo sottrae spazio e colture a interi continenti. La pesca industriale ha svuotato intere aree di pesca, rovinando economie locali che di quello vivevano da secoli. È urgente spostare i fondi pubblici destinati a industrie altamente inquinanti, che rappresentano bombe sociali, ecologiche e biologiche, per assegnarli a produzioni sostenibili, cioè plant-based, che permetterebbero di liberare spazio (circa l’80% della produzione agricola finisce nella zootecnia) da rinaturalizzare, allontanando le suddette “perturbazioni di origine antropica” da luoghi vergini e interrompendo in questo modo la circolazione di patogeni fuori dagli ambienti.
CAMBIARE MODELLO PRODUTTIVO SAREBBE ETICO E CONVENIENTE PER TUTTA L’UMANITA’!
Di seguito il comunicato della Rete dei Santuari Liberi che racconta perfettamente l’ignobile comportamento delle forze di polizia, delle autorità sanitarie e di tutte le istituzioni lì presenti.
“All’alba (di ieri) Polizia e Azienda sanitaria hanno fatto irruzione al Rifugio Cuori Liberi di Sairano (Pavia) per abbattere tutti i maiali, quelli contagiati da peste suina e quelli ancora sani. Gli attivisti, barricati nel rifugio da venerdì scorso, si sono opposti con tutte le loro forze al tentativo di sgombero, per impedire l’uccisione dei suini ospiti del santuario. Poi sono stati portati via di peso dalle forze dell’ordine: molti sono stati picchiati con tirapugni e manganelli, alcuni fatti salire sulle camionette della celere e portati via senza rispettare i protocolli di sicurezza e sanificazione. Dopo 14 giorni di presidio permanente, coordinato dalla Rete dei santuari di animali liberi, che aveva visto la partecipazione di centinaia di attivisti provenienti da tutta Italia, i maiali sopravvissuti sono stati uccisi dai veterinari dell’Ats.
Questa mattina all’alba il Santuario Cuori Liberi di Sairano (Pv) è stato accerchiato da una decina di camionette della celere. Decine di agenti della Polizia si sono presentati alle porte del rifugio, facendo irruzione nella struttura per abbattere tutti i maiali presenti, una decina, sia che fossero affetti da peste suina africana o ancora sani. Gli attivisti, barricati nel rifugio ormai da venerdì scorso, si sono opposti per impedire l’uccisione dei suini che, ricordiamo, sono animali da compagnia, salvati dai mattatoi e sottratti definitivamente alla produzione alimentare. Gli attivisti si sono frapposti fisicamente, e in modo non violento, tra le forze dell’ordine e l’area dove erano tenuti i maiali, incatenandosi ai cancelli e resistendo ai tentativi di sgombero, prima che il cancello del rifugio fosse sfondato dalla polizia. Poi sono stati trascinati via a forza fuori dalla struttura, dove altre decine di attivisti filmavano gli avvenimenti. Molti tra loro sono stati picchiati, presi a calci e pugni e manganellati; alcuni fatti salire sulle camionette della celere e portati via senza rispettare i protocolli di sicurezza e sanificazione. Per uno di loro colto da malore non è stato chiesto soccorso dalle forze dell’ordine. Subito dopo alcuni veterinari incaricati dell’Azienda sanitaria locale, scortati dalla polizia, sono entrati per uccidere i maiali. A quel punto gli attivisti si sono frapposti fisicamente, cercando di fare scudo ultimo agli animali, mentre i Vigili del fuoco segavano il recinto metallico, per permettere l’esecuzione. Il portavoce e volontario del rifugio, Roberto Manelli, gli attivisti che stavano filmando i fatti e quelli che facevano resistenza all’interno del rifugio sono stati portati via con la forza. Dopo 14 giorni di presidio permanente, coordinato dalla Rete dei santuari di animali liberi, che aveva visto la partecipazione di centinaia di attivisti provenienti da tutta Italia, i maiali sopravvissuti sono stati uccisi. “Avevamo dichiarato che avremmo fatto tutto il possibile per impedire questo inutile massacro e abbiamo resistito il più possibile, anche se sapevamo di essere in minoranza”, ha dichiarato uno degli attivisti accorsi al rifugio questa mattina. “Già da ieri i controlli delle volanti e dei droni della polizia si erano intensificati, lasciandoci supporre uno sgombero imminente. Ci siamo quindi organizzati, richiamando quanta più gente possibile, sia come testimoni, sia per cercare di impedire ai veterinari di entrare. Lo consideriamo un nostro preciso dovere e un atto dovuto verso animali che sono stati sottratti allo sfruttamento per vivere liberi e in salute e perché non possiamo permettere che questo avvenga un domani in altri rifugi, il cui status protegge e tutela gli animali ospiti. Purtroppo non sempre ciò che è considerato legale e ciò che è giusto coincidono. La storia ce lo insegna con tante altre lotte che in passato erano considerate fuorilegge, e per questo punite, e che oggi sono ritenute sacrosante e normali, come le lotte dei popoli afroamericani o per i diritti delle donne. Un giorno anche la nostra lotta sarà ritenuta normale e giusta”. “Per questo, nonostante oggi siamo stati sconfitti, continueremo a lottare per difendere i rifugi e l’idea che essi rappresentano: un’alternativa di convivenza rispetto a un sistema che uccide per profitto. La proposta di una società dove umani e non umani possano coesistere senza una graduatoria di valore e senza sfruttamento. Dove tutti gli animali possano vivere pienamente la loro esistenza come soggetti e non come risorse da sfruttare e sacrificare (letteralmente macellare) sull’altare degli interessi economici. Una società in cui riscoprirci parte della vita e non suoi dominatori”.
Foto e video
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Contatti
Rete dei Santuari di animali liberi in Italia – Sara d’Angelo 393 955 7330
Coordinatrice della Rete – Cristina Renoldi 333 4330170 animaliliberi.org