In questi giorni si parla tanto della proposta di istituzione di un salario minimo proposta dalle opposizioni parlamentari (M5s, Pd, Avs, Azione, +Europa) con l’eccezione di Italia Viva.

Ecco le differenze:
1) La cifra: quella proposta dalle opposizioni parlamentari è di 9 euro lordi.
Quella di Unione popolare invece è di 10 euro lordi, pari all’80% del salario mediano italiano, una percentuale che garantisce paghe minime degne senza contraccolpi occupazionali. Secondo la Fondazione Studi consulenti del lavoro i Contratti nazionali principali che prevedono paghe minime sotto i 9 euro sono “solo” 22 per un totale di 2.079.820 lavoratori e lavoratrici coinvolte, mentre i Contratti nazionali principali che prevedono minimi sotto i 10 euro sono ben 37 per un totale di 7.534.271 lavoratori e lavoratrici. La nostra proposta, direttamente o indirettamente, andrebbe ad alzare i salari di questa enorme platea che altrimenti resterebbe in gran parte esclusa dall’introduzione del “salario misero” delle opposizioni parlamentari.
2) Chi paga?
Nella proposta delle opposizioni parlamentari, all’art.7, si prevede un “beneficio” in favore dei datori di lavoro, proporzionale all’aumento dei salari dovuto all’introduzione del salario minimo. In pratica, la fiscalità generale, quella pagata per l’80% dai lavoratori dipendenti, andrà a coprire parte dell’aumento salariale dovuto all’introduzione del salario minimo. Peraltro, chi pagava salari minori, riceverà di più. Un concessionario balneare che paga i camerieri 7 euro l’ora non dovrà dunque sborsare i 2 euro di differenza, che gli verranno in parte rimborsati dai contribuenti. Insomma, alla fine, tramite le tasse, saremmo noi a pagarci il “salario misero”.
La proposta di Unione popolare, invece, su questo punto è chiara e semplice. Sono coloro che si sono arricchiti sui salari da fame a dover pagare la differenza, senza aggravi sulla finanza pubblica.
3) E sei i prezzi aumentano, aumenta anche il salario minimo?
Nella proposta delle opposizioni parlamentari, l’indicizzazione del salario non è contemplata. È prevista una commissione che si dovrà riunire per decidere eventuali aumenti. Come a dire: aspetta e spera.
Nella proposta di Unione popolare, invece, il salario minimo si adeguerebbe automaticamente al costo della vita, come già avviene ad esempio in Francia e in altri paesi europei, e come avviene ad esempio per i Parlamentari europei.
4) I tempi di applicazione.
La proposta delle opposizioni parlamentari prevede un anno e mezzo di tempo per l’adeguamento al salario minimo. Una misura urgente viene così dilazionata di ulteriormente.
La proposta di Unione popolare prevede invece un adeguamento entro massimo sei mesi.
5) La mobilitazione.
La proposta delle opposizioni parlamentari attualmente esiste solo in Parlamento e nei comunicati stampa dei vari Conte, Schlein etc. E’ insomma una bandierina che però non si è concretizzata negli anni in cui Pd, Leu e M5s governavano insieme e che rischia di infrangersi contro la maggioranza di ultradestra.
Unione popolare, grazie alla Lip, sta invece lavorano al coinvolgimento diretto dei cittadini, di organizzazioni sindacali e associazioni, per costruire una mobilitazione popolare intorno al tema.
Se i nemici del salario minimo hanno in mano le leve del Governo e del Parlamento, non basta la battaglia parlamentare. Serve una battaglia nella società